La fine del conflitto segna la lenta ripresa dell’ateneo all’interno della nuova cornice repubblicana e dell’autonomia regionale. La necessità di ricostruire la funzionalità dell’università, dalle strutture alla logistica, rappresenta un grande sforzo che coinvolge docenti, amministrativi e studenti di tutto l’ateneo, insieme con le autorità politiche.
Pur tra grosse difficoltà, i primi risultati si vedono già a partire dagli inizi degli anni Cinquanta, quando nascono la facoltà di Economia e commercio e nuovi corsi di laurea, tra cui Ingegneria civile, e viene inaugurato l’Istituto di Clinica generale. Seguirà l'istituzione della facoltà di Scienze politiche nel 1970.
La sinergia creatasi con la Regione Sardegna, specie attraverso l’Assessorato alla Pubblica Istruzione, si realizza nello stanziamento di 500 milioni in dieci anni per le due università dell’isola negli anni della Rinascita e successivamente nel varo della legge 26 dell’11 ottobre 1971, la vera e propria pietra miliare dell’intervento della Regione sulle università sarde, da cui scaturiscono sia il completamento della costruzione delle case dello studente, sia forme di sostegno come il cosiddetto presalario. L’università del capoluogo assume così un ruolo fondamentale nella strategia della rinascita; aumentano in maniera esponenziale gli studenti anche sulla scorta delle riforme scolastiche decise dai governi di centro-sinistra.
Nel frattempo, l’onda lunga del ’68 arriva anche a Cagliari, dove gli studenti si rendono protagonisti di occupazioni e manifestazioni come i loro coetanei di tutto il mondo per chiedere una maggiore democrazia e apertura del sistema universitario.